La Fine Dell'Eternita, стр. 10

Capitolo Quarto: Calcolatore

Da quando Harlan aveva lasciato il 482° in compagnia di Twissell, non era piu ritornato nella sua vecchia Sezione. Quando, due anni dopo essere diventato Tecnico, egli vi aveva fatto ritorno per la prima volta, aveva stentato a riconoscerla.

Non era stata la Sezione a cambiare. Harlan era diventato diverso.

Due anni come Tecnico avevano significato per lui molte cose. In un certo senso, avevano rafforzato il suo senso di stabilita. Non aveva piu avuto bisogno d'imparare una nuova lingua, di abituarsi a nuovi stili di abbigliamento e a nuovi metodi di vita a ogni nuovo progetto di Osservazione. D'altro canto, quei due anni avevano accresciuto il suo isolamento. Aveva quasi dimenticato il senso di cameratismo che univa tutti gli altri Specialisti dell'Eternita.

Soprattutto, pero, si era sviluppato in lui il senso del potere connaturato con il lavoro di Tecnico. Si era abituato a tenere in pugno il destino di milioni di esseri umani, e se questo fardello poteva dare un senso di solitudine, certamente dava anche un senso di orgoglio.

Cosi aveva potuto fissare freddamente l'addetto alle Comunicazioni che aveva trovato in servizio al 482°, annunciandogli scandendo le sillabe con gelida precisione:

«Andrew Harlan, Tecnico, convocato dal Calcolatore Finge per un servizio temporaneo nel 482°.» Gli era stato facile ignorare il rapido sguardo che l'uomo di mezza eta gli aveva lanciato.

Era stato quello che alcuni definivano 'lo sguardo al Tecnico', un movimento rapido, furtivo, involontario, che culminava in un'occhiata nascosta all'emblema rosso-rosa che ogni Tecnico portava sulla spalla, seguito da un ostentato tentativo di non guardare piu da quella parte.

Harlan aveva restituito lo sguardo, fissando l'emblema che l'uomo aveva portato sulla spalla. Non si era trattato del giallo dei Calcolatori, del verde dei Progettisti di Vita, dell'azzurro dei Sociologi, o del bianco degli Osservatori. Non era stato in tinta unita, come era caratteristico degli Specialisti. Si era trattato semplicemente di una sbarretta celeste su un campo bianco. Quell'uomo aveva lavorato alle Comunicazioni, un ramo della Manutenzione; nessuno di coloro che operavano nella Manutenzione era uno Specialista.

E perfino lui lo aveva osservato con lo 'sguardo al Tecnico'. Perfino lui.

Harlan aveva detto, in tono vagamente malinconico:

«Ebbene?»

L'uomo delle Comunicazoni aveva detto in fretta:

«Sto chiamando il Calcolatore Finge, signore.»

Harlan aveva conservato un ricordo particolare del 482°… nella sua memoria, era stato un Secolo solido e massiccio, monolitico e forte. Ora pero gli appariva quasi squallido.

Harlan aveva avuto modo di abituarsi al vetro e alla porcellana del 575°, un Secolo che idolatrava la pulizia. Aveva avuto modo di abituarsi a un mondo di un bianco splendente e di una purezza cristallina, spezzato soltanto da rade oasi di colori pastello.

I pesanti mulinelli di stucco del 482°, i suoi colori pesanti, le pesanti aree di metallo verniciato, erano stati quasi repellenti ai suoi occhi.

Perfino Finge gli era sembrato diverso, come rimpicciolito. Due anni prima, agli occhi dell'Osservatore Andrew Harlan, ogni gesto di Finge era apparso sinistro e potente.

In quel suo ritorno, invece, dalle isolate ed eccelse vette della Tecnica, Finge gli era parso un individuo patetico e smarrito. Harlan lo aveva fissato, mentre il Calcolatore aveva sfogliato alcuni documenti, e aveva cominciato a sollevare il capo, con l'aria di chi pensa di avere fatto aspettare il tempo dovuto al suo visitatore.

Finge era originario di un Secolo orientato sull'energia, intorno al 600°. Era stato Twissell a rivelare questo particolare ad Harlan, e certamente il particolare spiegava molte cose. Le improvvise manifestazioni di malumore di Finge potevano essere, certamente, il risultato dell'insicurezza naturale di un uomo abituato alla solidita dei campi di forza, smarrito perche costretto a servirsi di qualcosa di fragile e flessibile come la materia. Il suo passo felpato (Harlan aveva sempre ricordato il modo silenzioso con cui Finge si era sempre mosso; spesso, lavorando come Osservatore, aveva sollevato il capo e, trasalendo, si era accorto che Finge era in piedi davanti a lui, e lo osservava) non era piu stato qualcosa di furtivo e misterioso, bensi l'andatura incerta e spaurita di una persona che viveva nel terrore costante e inconsapevole di sentirsi sprofondare il pavimento sotto i piedi.

Harlan aveva pensato, con un piacevole senso di superiorita: Quest'uomo e male adattato alla Sezione. L'unica cosa che potrebbe aiutarlo sarebbe un trasferimento.

«Salve, Tecnico Harlan,» aveva detto Finge.

«Salve, Calcolatore,» aveva risposto Harlan.

«A quanto sembra, nei due anni passati da quando…» aveva cominciato Finge.

«Nei due fisioanni lo aveva corretto Harlan.

Finge aveva sollevato lo sguardo, stupito:

«Due fisioanni, naturalmente.»

Nell'Eternita non esisteva il Tempo, o almeno il concetto normale del Tempo comune all'universo esterno, ma il corpo umano invecchiava e questo permetteva di misurare ugualmente il Tempo, anche in mancanza di altri fenomeni esteriori. Il Tempo passava, sotto l'aspetto fisiologico, e in un fisioanno trascorso nell'Eternita un corpo umano invecchiava allo stesso modo in cui sarebbe invecchiato in un normale anno nel Tempo.

Tuttavia anche gli Eterni piu pedanti e cattedratici ricordavano quella distinzione solo raramente. Era troppo comodo dire, 'Ci vediamo domani', oppure 'Ieri non ci siamo visti,' come se il tempo scorresse nell'Eternita nella maniera normale, e un giorno, una settimana, un ieri e un domani esistessero anche al di fuori del senso fisiologico. Anzi, gli istinti dell'essere umano venivano assecondati, con la divisione delle attivita nell'Eternita nell'arco di un giorno di ventiquattro 'fisioore' arbitrarie, in un arbitrario e solenne susseguirsi di giorno e notte, di oggi e domani.

Finge aveva proseguito:

«Nei due fisioanni trascorsi dalla vostra partenza, nel 482° e maturata gradualmente una crisi. Una crisi piuttosto bizzarra, e molto delicata: in pratica, senza precedenti. Abbiamo bisogno di un'accurata Osservazione, come mai ne abbiamo avuto bisogno in passato.»

«E volete che sia io a Osservare?»

«Si. Sotto un certo punto di vista, chiedere a un Tecnico di svolgere un lavoro di Osservatore puo apparire uno spreco di un talento prezioso: ma le vostre precedenti Osservazioni, per chiarezza e penetrazione, erano perfette, e abbiamo di nuovo bisogno di una lavoro perfetto. Ora vi esporro per sommi capi certi elementi…»

Harlan non aveva potuto scoprire, in quell'occasione, la natura degli elementi menzionati da Finge. Il Calcolatore aveva cominciato a parlare, ma la porta si era aperta, e Harlan non era stato piu in grado di ascoltare. Aveva fissato a occhi spalancati la persona che era entrata.

Non che Harlan non avesse mai visto una donna nell'Eternita. Mai sarebbe stato un termine troppo forte. Ne aveva viste molto raramente, certo, ma alcune ne aveva viste.

Ma una ragazza come quella! E nell'Eternita!

Harlan aveva visto molte donne, nei suoi passaggi nel Tempo, ma nel Tempo esse erano state per lui solo degli oggetti, come i muri e le macchine e gli animali, dei fatti che egli doveva Osservare e inserire nei suoi rapporti.

Nell'Eternita, una ragazza era una cosa completamente diversa. Soprattutto una ragazza come quella !

Aveva indossato un abito nello stile dell'aristocrazia del 482°, e cioe una guaina trasparente che mostrava tutti i particolari del corpo al di sopra della cintura, e un paio di pantaloni che arrivavano al ginocchio, attillatissimi, opachi ma ideati per mettere in evidenza le curve dei fianchi, sotto la cintura.

Dopo l'abito, Harlan aveva fissato il resto… capelli d'un nero lucente, notturno, lunghi fino alle spalle, e labbra rosse, dipinte in modo da accentuarne i contorni, un tratto sottile sul labbro superiore, un tratto molto piu forte su quello inferiore, per ottenere un effetto un po' esagerato. Palpebre e lobi delle orecchie sfumati in rosa pallido, in contrasto con il resto del viso, di un incredibile candore latteo. Un viso giovane, quasi da fanciulla. Degli ornamenti luccicanti di pietre preziose che scendevano dalle spalle, in modo da sfiorare ora i fianchi, ora i perfetti seni esposti, sui quali dovevano attirare l'attenzione.

La ragazza aveva preso posto a una scrivania, in un angolo dell'ufficio di Finge, e aveva sollevato le lunghe ciglia solo per lanciare un'occhiata ad Harlan.

Quando Harlan era riuscito ad ascoltare di nuovo la voce di Finge, il Calcolatore era giunto alla conclusione del discorso:

«…tutte queste cose dovranno figurare in un rapporto ufficiale. Ho pensato che durante la vostra permanenza qui potreste utilizzare il vostro vecchio ufficio e l'alloggio precedente.»

Harlan si era trovato fuori dell'ufficio di Finge, senza riuscire a ricordare i particolari del commiato. Apparentemente, era uscito senza dire niente.

La prima emozione che era riuscito a riconoscere era stata la collera. Per il Tempo , chi aveva permesso a Finge di fare una cosa simile? Era nocivo per la morale… si faceva beffe di…

Si era fermato, allora, aveva schiuso i pugni, aveva sollevato il capo. Era stato difficile ritrovare l'autocontrollo, ma la decisione di vederci chiaro lo aveva aiutato. Con andatura decisa, si era accostato all'uomo delle Comunicazioni seduto alla scrivania esterna.

L'altro aveva sollevato lo sguardo, senza pero fissarlo negli occhi, e aveva domandato, in tono cauto:

«Desiderate, signore?»

«C'e una donna seduta a una scrivania, nell'ufficio del Calcolatore Finge. E nuova di qui?»

Nelle sue intenzioni, la domanda avrebbe dovuto apparire disinvolta e casuale, fredda e indifferente. E invece era partita come un rullare di tamburi, come un atto di accusa.

Ma quella domanda aveva avuto il potere di riscuotere l'uomo delle Comunicazioni. Nei suoi occhi era apparsa quell'espressione che rendeva tutti gli uomini simili tra loro. Quell'espressione aveva perfino superato la radicata solitudine dei Tecnici: aveva abbracciato Harlan, lo aveva compreso nell'intesa, lo aveva incluso tra i compagni. L'uomo aveva detto, conservando quell'espressione complice:

«Ah, volete dire dire la pupa? Accidenti! Non e un vero campo di forza?»

«Limitatevi a rispondere alla mia domanda,» aveva detto Harlan, balbettando un poco.

L'uomo lo aveva fissato, e una parte dell'entusiasmo era svanita.

«E nuova. E una Temporale.»

«Qual e la sua mansione?»